Sandra Ingerman racconta sempre come gli occhi dei popoli indigeni brillano. Anche se vivono una vita apparentemente povera, nei loro occhi c’è la gioia della vita, la soddisfazione e la meraviglia, e questo lo possiamo percepire nella luce interiore che risiede dentro ai loro occhi.

Questa osservazione mi fa venire in mente gli occhi di mio fratello, nei suoi ultimi mesi di vita, dopo avere subito interminabili interventi chirurgici al cervello per un tumore. E mi viene in mente anche un altro amico, da poco scomparso, per anni in sedia a rotelle dopo uno spaventoso incidente in moto… entrambi avevano negli occhi quella luce che dice Sandra Ingerman, quel luccichio che hanno solo le persone che si stanno gustando fino in fondo il dono della vita.

 

Cio che fa la differenza è essere consapevoli oppure no che questa vita è come una finestra per la nostra anima, un passaggio a termine qui sulla terra. Non è importante sapere quanto dura questo passaggio, ma è importante sapere che ha un inizio e una fine. Sapere che c’è la fine, e sono convinto che lo sapeva mio fratello e lo sapeva questo mio amico in sedia a rotelle da poco scomparso, porta ad un altro atteggiamento verso la vita. Le difficoltà fisiche non diventano più un ostacolo per godersi la vita, e ci rendiamo conto quanto è superfluo il nostro concetto di felicità, oramai associato solo a parametri materiali o fisici.

Per me era un piacere assistere mio fratello, non per il senso di dovere o di pietà, ma perche essere insieme a lui mi faceva stare bene, dava un senso “alla vita”, non alla mia vita o alla sua vita, ma alla vita in generale. Ogni sua azione era piena di attenzione e di intensità, anche le cose più semplici come bere un bicchiere d’acqua o fare due passi in piedi, era motivo di profonda soddisfazione. Sentivo dentro di lui la forza della vita, quella vita che lo ha fatto vivere fino in fondo con intensità. La manifestazione della sua vita era un grande atto d’amore, e ho compreso in quella situazione che esiste un solo amore: l’amore per la vita, per il dono che abbiamo ricevuto quando siamo nati, un vero amore incondizionato,  che va molto al di là delle nostre attuali credenze.

Anche il mio amico paraplegico, mano a mano che si stava avvicinando alla morte, la luce nei suoi occhi brillava sempre con più intensità. E l’affetto che esprimeva in ogni cosa era in continuo crescendo mentre il suo viaggio qui sulla terra stava arrivando al suo termine. Quando se ne è andato ha lasciato in tutti noi, insieme al dolore per la sua partenza, anche un senso di pace, di amore e di affetto incondizionato che conserveremo per tutta la vita. Un ricordo indelebile di come sia riuscito a trasmutare tutte le sue difficoltà quotidiane, le sue piccole sofferenze, in gesti d’amore per tutti, in generosa comprensione per coloro che gli stavano vicino.

Queste persone mi hanno dato il conforto di sapere che è dentro di noi che dobbiamo attingere per vivere bene, per essere e sentirsi amati, è dal nostro pozzo più profondo che scaturisce l’energia della vita, e che non dobbiamo aspettare di avere qualche cosa, di trovarci nella condizione di sogno o nella situazione ideale, per essere felici. Dobbiamo solo permettercelo, aprire quel cancello che spesso ci separa dalla nostra fonte, dalla nostra anima, e rimanere in ascolto…